L’usato cresce, il nuovo arretra

Nel primo trimestre 2025 le immatricolazioni sono diminuite dell’1,6%, mentre gli acquisti di auto usate sono aumentate del 6,5%

Dopo sette mesi di calo, a marzo le immatricolazioni di autovetture hanno fatto registrare in marzo una crescita del 6,2% toccando quota 172.223, che non è però sufficiente per portare in positivo il primo trimestre dell’anno (-1,6%). Dall’inchiesta congiunturale mensile sui concessionari condotta nei giorni scorsi dal Centro Studi Promotor emerge che nel mese scorso vi è stato effettivamente un rimbalzo, ma il quadro del mercato italiano dell’auto resta critico. Per il 39% dei concessionari interpellati l’affluenza nelle show room è stata bassa e nei prossimi mesi per il 74% degli interpellati le vendite si manterranno stabili sui bassi livelli attuali e per il 16% la situazione potrebbe addirittura peggiorare.
 
Proiettando il risultato dei primi tre mesi sull’intero anno e tenendo conto della stagionalità delle vendite, si ottiene una stima di 1.436.818 immatricolazioni nell’intero 2025 con un calo sul 2024 del 7,8% e con un calo di ben il 25% sul livello di 1.916.951 immatricolazioni del 2019. In controtendenza rispetto al mercato dell’auto nuova è però il mercato dell’auto usata, al quale negli ultimi anni si è rivolto un numero crescente di automobilisti non più in grado di permettersi un’auto nuova per la forte dinamica dei prezzi. Gli acquisti di auto usate nel primo trimestre del 2025 sono infatti aumentati del 6,5%.
 
Le difficoltà del mercato del nuovo e la forte crescita della richiesta di auto usate ha consentito, secondo le elaborazioni dell’Unrae, al parco italiano di autovetture realmente circolante di toccare nel 2024 il livello record di 40.568.000 unità con un incremento del 5,8%  sul livello ante-crisi del 2019, ma ha anche determinato un forte aumento dell’età media delle auto circolanti che è passata, sempre secondo l’Unrae, da 11,5 anni nel 2023 a 12,8 anni nel 2024 con tutto quello che ne consegue in termini di maggior inquinamento e di minore sicurezza. “Si tratta di due effetti negativi – afferma Gian Primo Quagliano, presidente del Centro Studi Promotor – Che vanno inseriti nel bilancio della transizione energetica, ovviamente nella sezione dei costi.