Se c’è una cosa che negli ultimi anni non è mancata, sono le situazioni di emergenza: dal Covid alla crisi dei microchip fino alla guerra in Ucraina, non si può proprio dire che chi si occupa di auto si sia annoiato… e il futuro come sarà?

Da due anni a questa parte le emergenze si sono susseguite nel lavoro dei fleet manager. Ci siamo trovati a dover contrastare contemporaneamente tre fenomeni nuovi (pandemia, cambio delle motorizzazioni e crisi dei semiconduttori) ed uno inaspettato, cioè la guerra in Europa, con tutto quanto sta comportando dal punto di vista dei rincari delle materie prime e dei carburanti. Vorrei condividere alcuni temi per una riflessione foriera se non di soluzioni, almeno di ipotesi. La sharing economy, per quanto riguarda la mobilità, avrà nuova linfa nell’immediato futuro? Ed invece lo smart working e le piattaforme telematiche di contatto si manterranno come un’alternativa strutturale al lavoro in ufficio ed ai contatti fisici? La crisi dei semiconduttori e i conflitti hanno provocato rallentamenti o addirittura paralisi produttive, ma che tempi di ritorno alla normalità dobbiamo immaginare? Allungare le percorrenze è una soluzione temporanea ma fino a quando potrà reggere? C’è da considerare anche un argomento molto caro al mondo dei gestori di flotte con veicoli commerciali leggeri: la dinamica economica in crescita per le imprese dei settori direttamente legati al PNRR necessita di adeguate previsioni di incremento di flotta di veicoli commerciali leggeri o addirittura di veicoli industriali e mezzi d’opera.
NECESSARIA UN’ACCELERAZIONE
Veniamo da anni di vacche magre, con tutti i parchi razionalizzati al meglio: ma quando il motore dell’economia gira al minimo da oltre dieci anni, accelerare a fondo provoca strappi. Per quanto riguarda la transizione energetica, l’impostazione politica data al tema dell’abbattimento delle emissioni di CO2 in seno all’Unione Europea ha costretto le case automobilistiche ad inerpicarsi su percorsi dolorosi dal punto di vista dei costi e della tenuta sociale. Non sono poi ben chiari tutti i benefici promessi con l’abbandono delle auto con motori a combustione interna verso quelle elettriche. Per i fleet manager la situazione si complica drammaticamente dato che le motorizzazioni diesel spariscono (e continuano ad essere quelle che garantirebbero al meglio la fase di transizione in termini di economia di gestione e di emissione), generando nuovi problemi in tema di autonomie, predisposizione di infrastrutture di ricarica, gestione dei rimborsi per le auto assegnate in uso promiscuo, ecc.
VOCI FUORI DAL CORO
Per dirla alla Montanelli qualche stecca nel coro unanime verso l’elettrico comincia a palesarsi: Toyoda, Tavares, i CEO tedeschi, tutti hanno parlato degli enormi costi sociali dell’elettrificazione politicamente imposta, accompagnata da una lievitazione dei costi del 50% allo stato attuale del progresso tecnologico ed all’incerto risparmio di CO2 con la scelta elettrica se si prende in considerazione l’intero ciclo di vita del prodotto. Capiamo che gli enormi investimenti profusi per la conversione dell’industria automobilistica globale spingono il mondo acriticamente in una direzione; da fleet manager l’aspettativa che cresce comunque è che si ricominci a ragionare in maniera pragmatica e non dogmatica intorno al problema della riduzione della CO2, evitando posizioni faziose ed estremiste, anche in considerazione di un contesto di guerra che ha stravolto gli scenari disegnati fino a prima del 24 febbraio 2022. In buona sostanza, se si ipotizza la riapertura delle centrali a carbone per produrre energia elettrica anche per le auto con tale propulsione, siamo proprio sicuri che qualche barile di petrolio in più da consumare sotto forma di gasolio e benzina sarebbe una soluzione peggiore dal punto di vista ambientale?
UN LOOP SENZA VIA D’USCITA
Vengo infine ad un approfondimento sull’ultimo tema di discussione: la crisi dei semiconduttori. Nel contesto geoeconomico mondiale dell’estrazione e lavorazione di metalli e terre rare indispensabili alla loro produzione, dominato dalla Cina, che lavora dal 50 al 100% di tutto il litio, cobalto, manganesio, nickel, ecc. dobbiamo riconoscere che siamo entrati in un loop apparentemente senza via d’uscita. A meno di un cambiamento tecnologico o di relazioni commerciali e produttive con il Celeste Impero. Oserei quindi dire che non sarà né facile, né immediato ma non impossibile da prevedere neanche quando la rutilante marcia verso l’elettrico si è messa in moto. Da ultimo: ben vengano gli incentivi, penso purtroppo che per come sono concepiti incontrano male (o meglio: non incontrano affatto) le esigenze delle flotte.
REINVENTARE LE CAR POLICY
Come fleet manager possiamo operare con delle astuzie gestionali: reinventare le car policy introducendo uno schema flessibile per andare incontro alle disponibilità da cogliere sul mercato a scapito della standardizzazione della flotta, anticipare quanto più possibile ordini e scelte, specie se si tratta di flotte tecniche composte da veicoli commerciali, dove le caratteristiche specifiche non sono sempre derogabili (quindi programmare con esagerato anticipo). Molte cose andranno a discapito del TCO, alcune anche a discapito della sicurezza; cerchiamo tutti insieme di farci, reciprocamente, meno male possibile.